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17 Gennaio 2025Con la recente sentenza n. 27040 del 18 ottobre 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito che la comunione, ereditaria o ordinaria, avente ad oggetto degli immobili che presentino abusi edilizi, non può essere sciolta nemmeno dal giudice.
La vicenda in esame traeva origine dal giudizio di divisione instaurato dinanzi al Tribunale di Napoli dall’acquirente di un fabbricato con giardino nei confronti dei coeredi dell’altra acquirente, scomparsa prematuramente.
In primo grado la domanda di divisione veniva rigettata, stante la presenza di abusi edilizi e irregolarità amministrative riscontrate in relazione all’immobile oggetto di divisione.
In secondo grado, la Corte di Appello di Napoli, riformava la sentenza di primo grado disponendo lo scioglimento della comunione sul bene, assegnandone a ciascuna delle parti una quota pari al 50 %.
La vicenda veniva così portata all’attenzione della Suprema Corte, la quale, riprendendo i princìpi di diritto già affermati dalle Sezioni Unite con sentenza n. 25021 del 7 ottobre 2019, ha statuito che il giudice non può disporre lo scioglimento di una comunione (ordinaria o ereditaria) avente ad oggetto dei fabbricati senza rispettare la normativa in materia urbanistica afferente gli atti di trasferimento tra vivi dei diritti reali sugli immobili.
Tale normativa, ricorda la Corte di Cassazione, prevede la nullità dei suddetti atti qualora, se successivi all’entrata in vigore della legge n. 47 del 1985, da essi non risultino gli estremi della licenza o della concessione a edificare o della concessione in sanatoria, ovvero ad essi non sia unita copia della domanda di sanatoria corredata dalla prova del versamento delle prime due rate di oblazione o dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che la costruzione dell’opera è stata iniziata in data anteriore al 1 settembre 1967.
La Suprema Corte evidenza come la nullità in esame sia da ricondurre ad una delle cause di nullità del contratto previste dalla legge ai sensi dell’art. 1418 c.c. e sia posta a presidio di un interesse pubblico consistente nell’ordinato assetto del territorio, perciò rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
Pertanto, prosegue, quando sia proposta una domanda di scioglimento della comunione relativa ad un immobile, in tutto o in parte, abusivo, il Giudice in assenza della suddetta documentazione non può disporla, in quanto la regolarità edilizia è condizione stessa dell’azione di divisione, sotto il profilo della “possibilità giuridica”, non potendo la pronuncia giudiziale realizzare un effetto maggiore e diverso rispetto a quello consentito alle parti nell’ambito della loro autonomia negoziale.
In conclusione, solo con la dimostrazione della regolarità urbanistica del bene viene meno l’impedimento giuridico alla divisione di un fabbricato.
(A cura dell’Avv. Gianmarco Cecconi)