Definizione Agevolata delle Liti Pendenti – Decreto Legge 119/18
25 Febbraio 2019Dove la Tre Esse Italia SRL deve notificare l’Ingiunzione Fiscale? Accolto il Ricorso dello Studio Legale Ricci&Partners
28 Febbraio 2019A seguito dell’introduzione del Reddito di Cittadinanza (RDC), sono emerse delle errate notizie che annunciavano la cancellazione della Naspi (ossia l’assegno di disoccupazione), o comunque una incompatibilità tra i due istituti.
Sgombriamo subito il campo dall’erronea informazione per affermare la completa compatibilità tra le due misure: è difatti l’art. 1 comma 8 del decreto legge 28 gennaio 2019 n.4 che stabilisca: “Il Rdc è compatibile con i godimento della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’impiego (NaSpI), di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015 n°22 e di altro strumento di sostegno al reddito per la disoccupazione involontaria ove ricorrono le condizioni di cui al presente articolo”.
Chi ha perso il lavoro, potrà dunque beneficiare sia del sussidio di disoccupazione che del beneficio economico previsto per il reddito di cittadinanza, seppur nei limiti che andremo ad analizzare.
Le due misure hanno scopo e impegno identico: lo scopo è quello di sostenere economicamente chi si trova senza lavoro ed entrambe le misure prevedono l’impegno di chi percepisce l’indennità di partecipare ad iniziative quali orientamento, formazione e ricerca attiva del lavoro. Solo per il RDC è prevista la disponibilità a svolgere lavori socialmente utili fino ad otto ore settimanali.
Notevoli sono però le differenze: mentre la NASPI spetta alla singola persona, il RDC spetta al nucleo familiare.
Il RDC è una misura legata unicamente al reddito del richiedente calcolato sulla base dell’Isee, del reddito e del patrimonio; la NASPI è un istituto a favore dei soggetti che hanno perso il lavoro non per propria volontà (quindi non per dimissioni volontarie ma solo per licenziamento o dimissione per giusta causa).
Tuttavia anche il RDC non spetta laddove nel nucleo familiare è presente anche un solo componente che ha presentato le dimissioni volontarie negli ultimi dodici mesi (così l’art. 1 comma 3 del decreto legge 28 gennaio 2019 n.4).
Ad esempio se in un nucleo familiare è presente un figlio che si è dimesso liberamente dal posto di lavoro, in tal caso non solo il figlio non potrebbe beneficiare della Naspi, ma l’intero nucleo familiare non avrebbe diritto al reddito di cittadinanza.
Vi è poi un’ultima differenza legata alla durata: il RDC ha una durata massima di 18 mesi (rinnovabile); la Naspi spetta per la metà delle settimane contributive maturate negli ultimi 4 anni e quindi per un massimo di 24 mesi purché negli ultimi 4 anni siano stati versati almeno 13 mesi di contributi e nell’ultimo anno siano state prestate almeno 30 giornate di lavoro effettivo.
Ciò che è opportuno puntualizzare, è che l’importo del reddito di cittadinanza può cambiare nel caso in cui si usufruisca della Naspi e questo perché il sussidio per la disoccupazione fa reddito e quindi influisce sulla misura del reddito del nucleo familiare.
Ricordiamo infatti i requisiti economici del nucleo familiare per il reddito di cittadinanza:
- un valore dell’Isee inferiore a 9.360;
- un valore del patrimonio immobiliare non superiore ad una soglia di € 30.000;
- un valore del patrimonio mobiliare non superiore alla soglia di € 6.000, accresciuta di € 2.000 per ogni componente del nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di € 10.000 incrementato di ulteriori € 1.000 per ogni figlio successivo al secondo (i predetti massimali sono ulteriormente incrementati di € 5.000 per ogni componente con disabilità presente nel nucleo familiare).
- un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di € 6.000 annui moltiplicata per il corrispondete parametro della scala di equivalenza (che è pari ad 1 per il primo componete del nucleo familiare, ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne fino ad un massimo di 2,1.)
La predetta soglia è incrementata ad € 7.560 ai fini dell’accesso alla Pensione di Cittadinanza. In ogni caso la soglia è incrementata ad € 9.360 nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione.
- si ricordi infine che l’assegna non spetta, laddove uno dei componenti del nucleo sia intestatario o abbia disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto o di autoveicoli immatricolati nei sei mesi antecedenti la richiesta ovvero di autoveicoli superiori a 1.600 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti la richiesta.
Il reddito di cittadinanza rappresenta allora un’integrazione al reddito familiare fino al raggiungimento di una determinata soglia: si parte dunque da € 6.000 nel caso di un’unica persona che aumenta nel caso di più persone, a cui si aggiunge il sostegno rivolte alle sole famiglie non proprietarie della casa di abitazione, in misura pari al canone annuo previsto dal contratto di locazione fino ad un massimo di € 3.360 euro e quindi € 280 mensili (che diventano € 1.800 nel caso di Pensione di Cittadinanza ossia € 150 euro mensili); in alternativa, nel caso di famiglie con casa di abitazione propria ma per cui sia stato contratto un mutuo questa quota è pari alla rata del mutuo fino ad una massimo di € 1.800 (€ 150 mensili) .
Prendiamo il caso di più semplice, quello di un nucleo familiare formato da un’unica persona senza contratto di locazione: con reddito pari a 0, percepirà l’integrazione piena pari ad € 500,00 (€ 500×12 mesi: € 6.000); se invece percepisce un reddito di € 3.000, per arrivare al reddito annuo di € 6.000 beneficerà di un’integrazione mensile di € 250,00 (€ 250×12 mesi: € 3.000).
La stessa cosa accade nel caso in cui percepisce la Naspi: se il soggetto fosse disoccupato e non avesse reddito, percepirebbe un Rdc pieno (€ 500×12 mesi: € 6.000); se invece percepisce la Naspi si terrà conto del reddito percepito ai fini del calcolo del reddito familiare e pertanto l’integrazione del Rdc sarà più bassa.
L’aspetto che suscita infine perplessità è la sospensione, fino al 31 dicembre 2021, dell’assegno di ricollocazione per chi percepisce la Naspi da più di quattro mesi (sono esclusi i lavoratori in CIGS).
Restiamo tuttavia in attesa di eventuali modifiche o emendamenti che potrebbero essere emanati sino alla legge di conversione del decreto legge.